La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito il principio secondo il quale, in materia di responsabilità colposa omissiva, la mera titolarità di una posizione di garanzia non può comportare un automatico addebito di responsabilità colposa. L’individuazione del titolare della posizione di garanzia rappresenta esclusivamente il primo passo dell’imputazione soggettiva del fatto, che passa necessariamente attraverso la verifica dell’effettiva violazione di una norma cautelare.
Tale verifica deve svolgersi sia sul piano oggettivo, attraverso la ricostruzione della condotta violativa della regola cautelare, che sul piano soggettivo, mediante l’indagine sulla concreta esigibilità del comportamento dovuto da parte del garante.
Ad avviso della Corte, l’esigibilità del comportamento dovuto rappresenta un “profilo della colpevolezza colposa importante al fine di rendere personalizzato il rimprovero dell’agente attraverso l’introduzione di una doppia misura del dovere di diligenza, che tenga conto non solo dell’oggettiva violazione di norme cautelari, ma anche della concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue specifiche qualità personali”.
Alla luce di tali principi la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale la Corte d’Appello aveva condannato un datore di lavoro fondando il giudizio di responsabilità penale esclusivamente sulla posizione di garanzia da egli ricoperta, senza invero domandarsi se lo stesso avesse avuto, in concreto, la possibilità di attivarsi per ovviare alla situazione di rischio e, quindi, se fosse stato messo nella condizione di uniformarsi alla regola cautelare violata.
Avv. Giulia Brunelli
Studio Lageard